Discover PlayDecide. Download games, prepare, play. GET STARTED

Rifiuti e ambiente

Choose your language

PlayDecide games may be available in multiple languages

Play the game

Download, prepare, discuss & collect results.

SIGN INRegister

Author / translator Luigi Civalleri
Created 22 October 2020
Last edited 22 October 2020
Topics Economy, Environment, Sustainability

Policy positions

Policy position 1

1. Il meccanismo con cui oggi si pagano le tasse sui rifiuti è ingiusto. Si deve preferire un sistema in cui si paga “a peso” in base ai rifiuti indifferenziati prodotti.

Policy position 2

2. Lo Stato deve premiare con incentivi e sgravi fiscali le località dove si ricicla di più e si producono meno rifiuti pro capite.

Policy position 3

3. L’Unione Europea fa bene a bandire la plastica usa e getta, ma in realtà il nodo della questione è nei Paesi in via di sviluppo: senza una politica di aiuti e di scambi che porti a una riduzione globale delle plastiche, il loro impatto ambientale rimarrà altissimo.

Policy position 4

4. L’educazione ambientale deve entrare in una nuova fase: il concetto di raccolta differenziata è ormai assimilato, bisogna abituarsi a pratiche come il riuso e il ricircolo.

Policy position 5

5. Si devono introdurre sistemi per ridurre gli imballaggi: da un lato premi per chi usa materiali riutilizzabili (come il vuoto a rendere delle bottiglie di vetro), dall’altro tasse per chi spreca materiali. Sui prodotti dovrebbe essere scritto per legge quanta percentuale del prezzo è dovuta agli imballaggi.

Policy position 6

6, L’obsolescenza programmata, soprattutto delle apparecchiature elettroniche, va combattuta, ad esempio obbligando le aziende produttrici ad allungare la durata della garanzia. Si devono incentivare le riparazioni.

Story cards

Story card - no image

A. S. è un dirigente di una media azienda in Lombardia. La sua ditta produce rifiuti speciali, che devono essere trattati appositamente, a costi piuttosto elevati. Un giorno è stato contattato da un “intermediario” che gli proponeva di smaltire i rifiuti a prezzi molto più bassi. La cosa non lo convinceva e ha rifiutato; si è saputo poi che il tizio agiva per conto di una organizzazione criminale. “In qualche caso i colleghi accettano – dice A. S. – perché si risparmia molto. Ci sono vari sistemi: falsificare la classificazione del rifiuto nei documenti d’accompagnamento, dichiarare falsamente che lo si è smaltito e poi farlo sparire in una discarica abusiva, oppure affidare l’operazione a imprese che lavorano sottocosto sapendo che utilizzeranno metodi illeciti.”

1. Lo fanno in tanti
Story card - no image

Dal 1994 Legambiente ha istituito un premio riservato ai comuni che hanno ottenuto i migliori risultati nella gestione dei rifiuti. I parametri che vengono presi in considerazione sono diversi, e non conta solo la raccolta differenziata in sé: comuni virtuosi sono quelli che non solo riciclano, ma producono pochi rifiuti in generale e li raccolgono in modo efficiente.
Nel 2018 sono più di 500 i comuni che raggiungono la soglia minima per essere definiti “ricicloni”, cioè che hanno raggiunto più del 65% di raccolta differenziata. La regione più virtuosa è il Veneto, con il 28% di comuni che rientrano nella soglia, seguita da Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige.

2. I comuni ricicloni
Story card - no image

A. P. fruga nella spazzatura altrui, ed è pure pagato per farlo. È uno dei due operatori ecologici assunti dal comune di Loano, in Liguria, per controllare che i cittadini facciano correttamente la raccolta differenziata. A Loano la raccolta si effettua porta a porta, con diversi giorni dedicati a vari tipi di rifiuti, e non poche persone per pigrizia espongono l’immondizia solo nel giorno di ritiro dell’indifferenziato, infilando nel sacchetto anche carta, plastica, umido e vetro. “Da quando facciamo così la situazione è migliorata – dice A. P. – Secondo me più che l’educazione è importante la punizione: se sai che ti becco non sgarri. Invece in Italia in genere tutti la fanno franca…”

3. Il detective dei rifiuti
Story card - no image

Andrew Cooper e Alex Schulze sono due amici americani appassionati di surf che qualche anno fa, durante un viaggio a Bali, sono rimasti sconvolti dalla quantità di plastica sulle spiagge: uno scempio nel bel mezzo di un paradiso. Decidono di fare subito qualcosa e si mettono a raccogliere ciò che trovano in giro, poi tornati in Florida fondano 4Ocean, un’associazione per promuovere la pulizia delle spiagge e dei mari in tutto il mondo.
In meno di due anni arrivano ad avere 75 dipendenti, centinaia di volontari e progetti avviati in oltre 20 paesi del mondo, grazie ai quali hanno raccolto 1300 tonnellate di plastica. Si finanziano in un solo modo: vendendo a 20 dollari un braccialetto realizzato con la stessa plastica sottratta ai mari.

4. Dal dire al fare
Story card - no image

Nel 2013 Lauren Singer studiava all’università e divideva casa con una ragazza sprecona, che usava una grande quantità di prodotti usa e getta. Per reazione, si disse che avrebbe provato a produrre la minor quantità di rifiuti possibile. Aprì una pagina internet chiamata Trash is for Tossers (che potremmo tradurre con “L’immondizia è per i buoni a nulla”) e si mise a praticare uno stile di vita coerente con i suoi obiettivi. Ha avuto successo e oggi è una personalità molto nota nel mondo ecologico. La sue lezione: “Non si butta più niente nel cestino, bensì si impara a riciclare e compostare, a far girare i materiali e a riempire i contenitori vuoti invece di acquistarne di nuovi. E se avete qualcosa che non vi serve più, regalatelo, scambiatelo in un gruppo di baratto, dategli una nuova vita.”

5. Una vita senza rifiuti
Story card - no image

A Reggio Emilia nel 1996 è nato un luogo dove si promuove l’idea che i rifiuti sono risorse, tanto che li si espone sugli scaffali come se si trattasse di un negozio – o di un museo. Si chiama Remida, ed è un progetto culturale che vuole portare a un cambiamento di mentalità, valorizzando i materiali di scarto, i prodotti non perfetti e gli oggetti senza valore.
A Remida circa 200 aziende del territorio portano rimanenze, scarti della produzione, materiali fallati, fondi di magazzino o eccessi di produzione destinati allo smaltimento. Dopo una selezione, questi “rifiuti” sono messi a disposizione di chi voglia farne un riuso creativo: insegnanti e operatori scolastici, associazioni educative e culturali, centri per anziani e disabili, centri sociali, artisti.

6. Il tocco magico di Remida
Story card - no image

Pochi hanno sentito parlare di Seelampur, sobborgo di Nuova Delhi. Eppure è probabile che il nostro vecchio telefonino che abbiamo gettato via sia finito là: è una delle capitali mondiali del riciclo e dello smaltimento illegale dei rifiuti elettronici.
Quello dei rifiuti elettronici è oggi il flusso di spazzatura che cresce più rapidamente al mondo, perché le nuove tecnologie sono sempre più a buon mercato e i consumatori le cambiano spesso. In India ne arrivano 50.000 tonnellate l’anno da Europa e Stati Uniti, nonostante il divieto di esportazione di rifiuti pericolosi previsto da molte leggi. Ci lavorano oltre mezzo milione di persone, lavoratori non qualificati che si occupano di questi rifiuti altamente tossici e inquinanti. Ma la differenza nei costi di smaltimento tra Europa (35 euro per chilo) e India (2 euro) contribuisce a mantenere in vita il traffico illecito.

7. La capitale dei rifiuti elettronici
Story card - no image

Nel 2017 è stato scoperto nelle fogne di Londra, precisamente sotto la zona di Whitechapel, un oggetto mostruoso: un enorme cilindro di rifiuti di 130 tonnellate, lungo 250 metri e alto 3,5. È un ammasso composto soprattutto di grassi vari, con salviette, pannolini e altre cose che i londinesi buttano nello scarico anche se non dovrebbero. Gli addetti alla pulizia delle fogne lo hanno battezzato fatberg, cioè iceberg di grasso.
Secondo i responsabili della società che gestisce l'acqua e le fogne nella capitale britannica, “è frustrante, perché si tratta di qualcosa di totalmente evitabile, causato solo dai cattivi comportamenti dei cittadini”. L'azienda spende un milione di sterline al mese per tenere pulite le fognature.

8. L’iceberg di grasso
Story card - no image

L’espressione “Terra dei fuochi” è apparsa per la prima volta nel 2003 nel Rapporto sulle ecomafie curato da Legambiente, e in seguito è stata utilizzata da Roberto Saviano nel suo libro Gomorra come titolo dell’ultimo capitolo. Indica una vasta area in Campania, a cavallo tra la provincia di Napoli e quella di Caserta, dove si trovano molte discariche abusive di rifiuti tossici e speciali, e fa riferimento all’abitudine di dare fuoco a questi materiali potenzialmente pericolosi per la salute della popolazione locale.
Il termine però è ingannevole: il problema dell'inquinamento in alcune terre della Campania non sono gli sporadici roghi tossici, ma soprattutto i fumi sparsi di continuo nell’ambiente (spesso senza filtri) dalle numerose fabbriche che spesso agiscono nella più assoluta illegalità, favorite dalla mancanza di controlli.

9. La Terra dei fuochi
Story card - no image

L. C. è un giovane ingegnere che lavora in una grande azienda che effettua bonifiche ambientali e progetta sistemi di raccolta differenziata e termovalorizzatori. “Sì, sono un ingegnere dei rifiuti – dice. – Mi sono iscritto a Ingegneria ambientale con le idee confuse (mi piacevano la matematica e la chimica, ed ero anche appassionato di ecologia) e alla fine mi sono laureato con una tesi sugli impianti di trattamento dei rifiuti solidi di ultima generazione. Ho trovato lavoro quasi subito. Quel che faccio è molto più appassionante di come potrebbe sembrare, ci sono progressi tecnologici interessanti anche in questo settore e soprattutto si ha la sensazione di essere utili alla società”.

10. L’ingegnere dei rifiuti

INFO CARDSISSUE CARDS

1a. NIMBY

Discariche e termovalorizzatori (cioè impianti che bruciano i rifiuti recuperando il calore e trasformandolo in energia o riscaldamento): in genere nessuno li vorrebbe vicino a casa. Però in una nazione densamente abitata come l’Italia è inevitabile che certe strutture finiscano col dare fastidio a qualcuno.

1b. NIMBY

Il rifiuto da parte dell’opinione pubblica di avere impianti non graditi vicini a sé ha un nome specifico: si chiama NIMBY, ovvero Not In My Backyard (Non nel mio cortile). Comprensibile, ma forse egoistico, visto che spesso sono strutture utili al bene comune. È giusto pensare a forme di compensazione (soldi, sconti sulle tasse ecc.) a chi accetta di stare vicino a un impianto “problematico”?

2a. La fine dei rifiuti?

Nel dibattito sui rifiuti spesso non si tiene conto di un fatto: la tecnologia cambia le nostre vite e l’uso di certi materiali, e in futuro la cosa potrebbe essere ancora più accentuata. Pensiamo alla carta. Oggi si leggono meno giornali, si spediscono meno lettere, si producono meno documenti cartacei, grazie a Internet, alla posta elettronica e al fatto che sempre più le Amministrazioni fanno uso di documenti elettronici, in un processo detto

2b. La fine dei rifiuti?

dematerializzazione. Eppure la produzione di prodotti cartacei al mondo non sta diminuendo, anzi aumentano soprattutto i cartoni per imballaggi. Le conseguenze socio-economiche della tecnologia non sono sempre immediate…

3. Porta a porta

Buttare la spazzatura nel cassonetto più vicino è una seccatura. Meglio il “porta a porta”, quel sistema utilizzato da sempre più comuni per cui i cassonetti sono nel cortile del condominio (oppure, in certi casi, si lasciano i sacchetti fuori dalla porta in certi giorni prestabiliti) ed è l’azienda locale a venire a prenderli. Eppure in alcuni casi i cittadini preferiscono i cassonetti e hanno costretto le città a fare marcia indietro.

4. I rifiuti costano

I cittadini italiani pagano una tassa detta TARI, che copre parzialmente le spese di raccolta e smaltimento dei rifiuti. Varia da comune a comune, con notevoli differenze: si va da una media di 549 euro l’anno a Cagliari a 149 a Belluno. In genere si paga di più al Sud che al Nord, cioè si paga di più dove in genere i servizi funzionano peggio. Perché tanta disparità? È solo una questione di buona amministrazione o c’è dell’altro?

5. Boicotta chi inquina

Per ridurre i rifiuti si può anche fare pressione su aziende e negozi affinché riducano gli imballaggi inutili. Alcuni comuni hanno lanciato la campagna “Rifiuto l’imballo” con cui invitano i cittadini a far pressioni, soprattutto nei confronti dei supermercati, perché usino meno scatole e fogli di plastica per avvolgere la merce. Sono campagne efficaci?

6a. L’obsolescenza programmata

Se avete la sensazione che i prodotti, soprattutto quelli elettronici, durino sempre meno, a volte è proprio così: è un fenomeno detto “obsolescenza programmata” o pianificata, cioè la strategia che ha l’obiettivo di limitare appositamente la durata di una merce. Il caso più famoso è quello della Apple, accusata in passato di vendere telefoni con una batteria progettata per durare pochi mesi.

6b. L’obsolescenza programmata

Ma è un fenomeno antico: già nel 1924 i principali produttori occidentali di lampadine si accordarono limitarne la vita a circa 1000 ore di esercizio. Ovviamente l’obsolescenza programmata alimenta la mentalità “usa e getta” e aumenta la quantità di rifiuti. Come possiamo difenderci?

7. I rifiuti tecnologici

Vi siete mai chiesti dove vada a finire il vostro vecchio telefono? Fa parte di una categoria detta RAEE (Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche) e deve essere smaltito secondo precise direttive dell’Unione Europea. I rifiuti tecnologici inquinano molto e il loro trattamento è costoso, tanto che spesso finiscono abusivamente in qualche paese in via di sviluppo. Siamo disposti a rinunciare all’ultimo modello?

8. I rifiuti che gli ex poveri non vogliono più

Fino a poco tempo fa, la nostra plastica finiva soprattutto in Cina: secondo dati dell’Onu, nel 2016 i produttori cinesi e di Hong Kong hanno importato dai paesi industrializzati 7,3 milioni di tonnellate di rifiuti plastici, pari al 70% dei rifiuti plastici raccolti e selezionati nei paesi ricchi. Dal 2018 la Cina ha detto di non volerli più accogliere, mandando in crisi il nostro sistema di smaltimento. Che fare?

9. Azioni individuali e collettive

Quasi tutte le campagne di sensibilizzazione sul tema rifiuti si concentrano sui comportamenti individuali, cioè spingono il singolo cittadino a produrre meno rifiuti. Secondo alcuni esperti non basta, ma è necessario che i cittadini facciano pressioni sulle aziende e sui governanti perché le azioni siano davvero efficaci. Quali strategie sono possibili? Ad esempio boicottare le aziende più inquinanti?

10. Premi e punizioni

Come incoraggiare i comportamenti individuali? Basta fare la multa a chi butta qualcosa fuori dei cestini, o a chi non fa la raccolta differenziata? (Teniamo conto del fatto che in Italia multe di questo tipo non si fanno quasi mai…). C’è chi dice che bisognerebbe passare dalla punizione al premio, cioè fare in modo che chi si comporta in modo virtuoso venga ricompensato, magari facendogli pagare meno tasse. Può funzionare?

11. Non bevete con la cannuccia

Dal 2021 alcuni prodotti usa e getta come posate, piatti, cannucce, cotton fioc e così via saranno banditi in tutta la UE. Si pensa che ciò avrà un positivo effetto sull’inquinamento, visto che questi prodotti sono oggi il 70% dei rifiuti che finiscono in mare. È un cambiamento molto importante nelle nostre abitudini, e magari in futuro dovremo rinunciare ad altre cose, oltre ai piatti di plastica e alle cannucce. Siamo pronti?

12. Mantenere la città pulita.

Chi è stato in Giappone l’avrà notato: per strada ci sono pochissimi cestini. Eppure tutto è pulito in modo impeccabile. La gente si tiene i rifiuti in tasca o si porta in giro delle apposite scatoline. È solo questione di abitudine, di cultura, di mentalità? Potremmo arrivarci anche noi? Come?

13. Cambiamo il modo di vedere i rifiuti

“Rifiuto” nella lingua italiana non indica solo ciò che buttiamo via, ma anche qualcosa di brutto, che allontaniamo da noi (“mi rifiuto di farlo”, “un rifiuto della società” ecc.). Forse sarebbe il caso di cambiare un po’ il modo di pensare e vedere i rifiuti come qualcosa, in prospettiva, di utile e recuperabile.

14. Dove va a finire la plastica

Lo sapevate che spesso i tessuti in pile o l’imbottitura dei piumini sintetici è fatta di plastica riciclata? Sì, indossiamo le nostre vecchie bottiglie! È un’informazione che poche aziende danno, quasi se ne vergognassero. Voi sareste incentivati o scoraggiati a comprare un prodotto sapendo che è fatto in gran parte da materiali riciclati?

16. Greenwashing

Con il termine greenwashing (“lavaggio verde”) si indica la strategia di aziende o istituzioni che cercano di costruirsi un'immagine positiva sotto il profilo dell’impatto ambientale per distogliere l’attenzione su alcune loro pratiche poco ecologiche. Un esempio è dato dalla Nestlé, azienda sotto accusa per vari motivi, che sta facendo una campagna per comunicare il riciclaggio delle capsule di caffè. Come può il cittadino comune cautelarsi?

17. Impegnarsi in prima persona

Fare la raccolta differenziata forse all’inizio era una seccatura, eppure adesso per quasi tutti noi è diventato un gesto automatico, simile ai tanti che facciamo in casa tutti i giorni. Ci è voluto un po’ di tempo, ma è successo. Quali altri comportamenti ecologici secondo voi, che oggi troviamo pesanti o a cui non pensiamo affatto, potrebbero in futuro diventare normali?

18. Ecomafie

Ecomafia è un neologismo coniato da Legambiente che indica quei settori della criminalità organizzata che gestiscono il traffico e lo smaltimento illecito dei rifiuti. È un business enorme, che fa girare ogni anno attorno al 15-16 miliardi di euro. Tutte le volte che abbandoniamo rifiuti in una discarica abusiva o non smaltiamo correttamente un rifiuto speciale, alimentiamo nel nostro piccolo questo crimine. Pensiamoci.

19. Sprechi alimentari

Secondo dati dell’Onu, ogni anno nel mondo si buttano via circa 1,6 miliardi di tonnellate di cibo, per un valore di 1.300 miliardi di euro: un terzo della produzione globale. Se lo gettassimo tutto assieme, il cibo buttato coprirebbe una provincia grossa come quella di Rimini. In gran parte è colpa del modo in cui il cibo viene prodotto e distribuito, ma anche noi possiamo fare qualcosa, riducendo gli sprechi e donando quel che non ci serve più.

20. Usa e getta

I nostri nonni avevano pochi vestiti, che allora costavano relativamente cari, e li facevano riparare fino a quando era possibile. Oggi entriamo in un negozio come Zara o H&M e compriamo vestiti molto economici, fatti per durare poco, che useremo una sola stagione. È bello essere sempre alla moda, ma a che prezzo per l’ambiente? Dove finiscono i vestiti buttati? E sapete come sono prodotti, e perché i prezzi sono così bassi?

1. Cosa sono i rifiuti?

Secondo il Decreto Legislativo 205/10, un rifiuto è “qualsiasi sostanza o oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi”. Lo stesso decreto suddivide i rifiuti in varie categorie; le due distinzioni più importanti sono quelle tra rifiuti urbani (classe a cui appartiene la normale spazzatura di casa) e rifiuti speciali, e tra rifiuti pericolosi e non pericolosi.

2. Quanti rifiuti produciamo?

In Italia ogni persona produce in media 497 kg di rifiuti urbani all’anno (dati dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, ISPRA). È un valore più o meno in linea con quello medio dei 28 paesi dell’UE, dove nel complesso ogni cittadino produce 482 kg di rifiuti. Per quel che riguarda la tipologia, nel 2017 nel nostro Paese sono stati prodotti 30 milioni di tonnellate di rifiuti urbani e 135 milioni di rifiuti speciali.

3a. La situazione nel mondo

Secondo l'ultimo rapporto della Banca Mondiale, nel mondo vengono prodotti circa 4 miliardi di tonnellate di rifiuti ogni anno. Metà di questi sono rifiuti urbani, mentre l'altra metà è data dai rifiuti speciali (nei Paesi industrializzati, gli speciali pesano molto più di quelli urbani, viceversa nei Paesi in via di sviluppo). Secondo alcune stime, nel giro dei prossimi 10-15 anni si potrebbe arrivare a un aumento della produzione globale fino a

3b. La situazione nel mondo

A livello di Paesi singoli, guidano la classifica per i rifiuti urbani gli Usa a livello assoluto (circa 300 milioni di tonnellate l’anno) e il Kuwait per produzione pro capite (1900 chili l’anno a testa).

4a. Costi dei rifiuti: chi paga la raccolta?

Semplificando molto, il servizio di ritiro e smaltimento dei rifiuti urbani viene finanziato dalle tasse locali, come la TARI. L’importo cambia a seconda dei criteri scelti dalle città: può dipendere dalle dimensioni dell’abitazione, dal numero di componenti del nucleo familiare o dalla stima della quantità di rifiuti prodotta.

4b. Costi dei rifiuti: chi paga la raccolta?

La gestione dei rifiuti è tra le spese più consistenti per un comune e di solito viene affidata a un’azienda, che stipula un contratto con l’amministrazione e si fa carico della raccolta e dello smaltimento. Le aziende possono essere private, pubbliche o miste, spesso con un coinvolgimento diretto degli stessi comuni.

5a. Dove vanno a finire i rifiuti?

I rifiuti sono ritirati porta a porta o per strada e vengono poi trasportati nelle stazioni di trasferimento, dove i vari tipi di rifiuti sono smistati, se necessario compattati, e caricati su camion più grandi che li porteranno negli impianti finali per il loro trattamento. Questi sono sostanzialmente di due tipi: di recupero (dove finisce la raccolta differenziata) e di trattamento-smaltimento (dove finisce l’indifferenziata).

5b. Dove vanno a finire i rifiuti?

Il trattamento-smaltimento segue tre strade principali: 1) trattamenti a freddo, cioè separazione e parziale recupero di materiali, stabilizzazione e avvio in discarica; 2) trattamenti a caldo, ovvero inceneritori e termovalorizzatori; 3) conferimento diretto in discarica (la più inquinante ma ahimè ancora molto usata).

6a. Gli impianti di trattamento

Si suddividono in impianti a freddo e a caldo. Il principale impianto a freddo è il trattamento meccanico-biologico (TMB), che comprende una fase di separazione con metodi meccanici e una fase biologica di stabilizzazione e compostaggio. Alla fine del processo si sono recuperati materiali utili, e quelli che si portano in discarica sono meno inquinanti.

6b. Gli impianti di trattamento

Gli impianti a caldo bruciano i rifiuti in forni inceneritori. In alcuni casi si ha un recupero dell’energia, sfruttando il calore dei fumi per produrre energia elettrica e termica. Gli inceneritori con recupero di energia sono detti termovalorizzatori.
Secondo i dati più recenti dell’ISPRA, in Italia il 29% dei rifiuti viene riciclato, il 21% incenerito, il 20% avviato al compostaggio e il 30% finisce direttamente in discarica.

7a. Rifiuti tecnologici: cosa sono e come/dove si smaltiscono

I rifiuti tecnologici o elettronici (ufficialmente: rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, RAEE), sono definiti dal Decreto Ministeriale 185/2007 come “qualunque apparecchiatura elettrica o elettronica di cui il possessore intenda disfarsi in quanto guasta, inutilizzata, o obsoleta e dunque destinata all'abbandono.”

7b. Rifiuti tecnologici: cosa sono e come/dove si smaltiscono

La legge in vigore è basata sul principio secondo il quale chi inquina paga, dunque la raccolta e il trattamento dei RAEE sono a carico dei produttori di apparecchiature elettroniche. Questi costi, a volte, ricadono sul consumatore, perché la legge permette ai produttori di far pagare un eco-contributo al momento dell'acquisto di un’apparecchiatura nuova.

8. Cosa significa riciclare?

Riciclare è un gesto che l’uomo fa da sempre, trovando nuovi usi per oggetti vecchi. La definizione moderna di riciclaggio, però, intende quell’insieme di strategie e metodi per recuperare materiali utili dai rifiuti al fine di riutilizzarli.
Attualmente si riciclano: carta, vetro, plastica, alluminio, acciaio, legno, tessuti, pneumatici.

9a. Come viene fatto il riciclo?

I rifiuti sono smistati in stazioni di trasferimento e da lì avviati agli stabilimenti, dove vengono prima trattati a seconda della loro tipologia, e poi rigenerati, cioè trasformati in nuovi oggetti.
La plastica prima deve essere ulteriormente separata, perché nel bidone buttiamo insieme bottiglie di vario colore, sacchetti e altri imballaggi, tutti realizzati con diversi polimeri, ognuno dei quali richiede un sistema di trattamento diverso.

9b. Come viene fatto il riciclo?

Qualcosa di analogo avviene con il vetro, l’alluminio e la carta. La carta è tra i materiali più sfruttati, sia per produrre fogli al 100 per cento riciclati, sia per produrre carta di maggiore qualità mischiandola alla polpa di legno. Il vetro e l’alluminio hanno una resa ancora migliore e possono essere riciclati teoricamente all’infinito.

10a. Chi ricicla di più

In Italia si ricicla il 55% dei rifiuti, un dato superiore alla media dell’UE pari al 47% Il paese più virtuoso è la Germania con il 66%, mentre agli ultimi posti ci sono Malta (8) e Romania (15) (dati Eurostat). In Italia sono più efficienti le regioni settentrionali, con il 64,2% di rifiuti urbani riciclati rispetto alla produzione totale; il dato scende al 48,6 nel Centro e al Sud si riduce ulteriormente al 37,6 (dati ISPRA 2016).

10b. Chi ricicla di più

L’Unione Europea ha obiettivi molto ambiziosi per il riciclo. Nel 2018 sono stati decisi nuovi obiettivi vincolanti: entro il 2025 si dovrà arrivare al riciclo di almeno il 55% dei rifiuti urbani; entro il 2035 al massimo il 10% del totale dei rifiuti potrà essere smaltito nelle discariche.

11. Cosa sono le 3R

Il riciclaggio non è la soluzione di tutti i problemi: ha alti costi economici e ambientali, e un basso rendimento. Da qualche anno si è diffusa la consapevolezza che i sistemi più efficaci sono invece quelli basati sulla riduzione dei rifiuti e sul loro riuso.
Oggi si parla dunque di strategia delle 3R, cioè riduzione, riuso e riciclo, a cui a volte si accosta anche la quarta R di riparazione degli oggetti che si possono ancora aggiustare.

12. Impianti e discariche in Italia

Attualmente nel nostro Paese si trovano 285 impianti di compostaggio, 31 di trattamento integrato, 96 impianti per trattamento meccanico-biologico (TMB), 49 inceneritori (di cui 39 termovalorizzatori) e 180 discariche ufficiali e regolamentate per rifiuti urbani non pericolosi. C’è un grave squilibrio territoriale: la maggior parte degli impianti moderni è situata al Nord. Inoltre è ben noto il problema del gran numero di discariche abusive.

13. Gli imballaggi

Quasi tutte le merci nel mondo industrializzato si vendono non sfuse ma racchiuse in un imballaggio (o imballo). Secondo i dati ISPRA, nel 2017 in Italia ne sono state immesse sul mercato più di 13 milioni di tonnellate; di queste, più di 8 sono state in qualche modo riciclate.
Le borse della spesa, che dal 2012 in Italia sono state gradualmente passate dalla plastica ai materiali biodegradabili,

14a. Biodegradabile e non

Perché un composto possa essere considerato biodegradabile è necessario che in natura esista un organismo in grado di decomporlo, e che dopo questa fase gli elementi vengano assorbiti completamente nel terreno o si disciolgano in acqua. I materiali organici di origine naturale sono in genere facilmente più biodegradabili rispetto ai materiali di origine sintetica.

14b. Biodegradabile e non

Un materiale non biodegradabile non viene assorbito dall’ambiente e la sua natura chimica rimane immutata nel tempo. Le sostanze non biodegradabili più comuni sono la maggior parte delle materie plastiche.
La durata del processo di degradazione è molto variabile: si va dalle 4 settimane del fazzoletto di carta, ai 5 anni della gomma da masticare, ai 20 del cotton fioc, fino ai 500 e oltre di una bottiglia di plastica.

15a. Oceani di plastica

C’è un enorme accumulo di spazzatura che galleggia nell'Oceano Pacifico: è il Pacific Trash Vortex, noto anche come grande chiazza di immondizia del Pacifico o semplicemente isola di plastica del Pacifico. È fatta al 99,9% di plastica e pesa circa 79.000 tonnellate distribuite su di un’area di 1,6 milioni di chilometri quadrati. In generale la presenza di plastica in mare è una grave minaccia all’ambiente, perché contiene elementi tossici che

15b. Oceani di plastica

possono entrare nella catena alimentare, visto che i filamenti plastici sono simili al plancton e vengono ingeriti dagli organismi marini.
Particolarmente dannose sono le microplastiche, ossia le particelle minute di plastica: sono l’8% della massa totale di plastica dispersa in mare, ma ben il 94% dei 1.800 miliardi di pezzi che fluttuano sugli oceani.

16a. Azioni di contrasto

L’Italia è stata la prima nazione in Europa a mettere al bando i sacchetti per la spesa di plastica, che gradualmente vengono sostituiti con quelli fatti di materiali biodegradabili. Nel 2018 l’Unione Europea ha approvato una direttiva molto avanzata in materia di plastiche. A partire dal 2021, infatti, saranno banditi alcuni prodotti in plastica comuni, come posate, cotton fioc, cannucce e bastoncini per palloncini.

16b. Azioni di contrasto

Inoltre, entro il 2025, gli Stati membri dovranno raccogliere e riciclare il 90% delle bottiglie di plastica monouso per bevande. Per i prodotti per i quali non esistono ancora alternative, come le scatole per hamburger e panini e i contenitori alimentari per frutta e verdura, dessert o gelati, si dovrà ridurre il consumo del 25% entro il 2025.

17a. Il viaggio dei rifiuti

Fino a qualche anno fa i rifiuti urbani indifferenziati potevano essere smaltiti solo nelle zone in cui venivano prodotti, mentre ora è possibile portarli in altre regioni e anche all’estero (ovviamente pagando). Questo ha permesso alle regioni del Centro e del Sud di usare i più grandi impianti del Nord, e ha alimentato un’esportazione sempre maggiore, in particolare verso Austria e Ungheria: nel 2016 sono uscite dall’Italia 433.000 tonnellate.

17b. Il viaggio dei rifiuti

Il tutto ha come conseguenza l’aumento dei costi per i cittadini del Centro-Sud e l’intasamento degli impianti del Nord. E non dimentichiamo il problema dello smaltimento illegale.

18. Porta a porta e cassonetti

La raccolta “porta a porta” è un sistema sempre più diffuso in Italia, che prevede il ritiro dei rifiuti direttamente a casa degli utenti, in genere a giorni prestabiliti e diversi per tipo di rifiuti. I comuni che la effettuano hanno raggiunto in media una percentuale di raccolta differenziata dell’80%, molto superiore alla media nazionale del 55%. Purtroppo questo sistema è in media più costoso del 30% rispetto ai tradizionali cassonetti.

19a. i sistemi degli altri

Alcuni comuni usano cassonetti chiusi che si aprono solo con una tessera magnetica, e così possono monitorare gli utenti e verificare il pagamento delle imposte.
Un caso interessante è dato dalla Svizzera, che è arrivata a riciclare il 90% con un sistema di incentivi: la spazzatura che non viene separata infatti viene pagata a peso. Più se ne produce, più si paga. Il prezzo di un sacchetto da 5 chili ad esempio, varia da 2 a 3 euro.

19b. i sistemi degli altri

Prima di essere gettata, la spazzatura indifferenziata viene controllata da appositi operatori: i sacchetti infatti devono avere un'etichetta ben visibile che viene data al momento del pagamento della tassa.

20. Fare la spesa con le lattine

Per incentivare il riuso e il riutilizzo, in molti Stati europei si sono studiati sistemi di premi. Il più classico prevede il pagamento (in buoni spesa) di pochi centesimi per ogni bottiglia o lattina vuota che si riporta indietro. In quasi tutti i supermercati dell’Europa del Nord ci sono macchine automatiche che ritirano i vuoti e stampano il buono. Così, ad esempio, la Danimarca è arrivata a riutilizzare ben il 98% delle bottiglie di vetro.

Register to download vote results of this PlayDecide game.Register