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Questo PlayDecide è stato sviluppato da Chiara Anzolini, Sofia Belardinelli e Fabio De Pascale (Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova) per il National Biodiversity Future Center (NBFC).

Author / translator Fabio De Pascale

Questo PlayDecide è stato sviluppato da Chiara Anzolini, Sofia Belardinelli e Fabio De Pascale (Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova) per il National Biodiversity Future Center (NBFC). Il NBFC mira a monitorare, conservare, ripristinare e valorizzare la biodiversità in Italia e nel Mediterraneo. Questo discussion game vuole promuovere il dialogo sulla convivenza tra esseri umani e natura.

Noi esseri umani da sempre modifichiamo il mondo naturale per soddisfare i nostri bisogni. Lo abbiamo fatto in passato, e lo facciamo tuttora, per moltissimi scopi: costruire case e infrastrutture, nutrirci, commerciare, estrarre materie prime e molto altro. Ogni attività umana ha un impatto sul mondo naturale, ma l’industrializzazione ci ha dato il potere di alterare la Terra lasciando “impronte” che dureranno millenni. Queste pressioni sono tra le cause principali della crisi climatica e della perdita di biodiversità. Per fermare la perdita di biodiversità, è necessario agire a molti livelli. Dobbiamo affrontare il cambiamento climatico, ridurre l’inquinamento, fermare la distruzione di habitat, ridurre il tasso di sfruttamento delle specie naturali e gestire le specie invasive. Alla fine, tutte queste azioni si riducono a un’unica questione: saremo in grado di conciliare la nostra necessità di sfruttare la natura con l’obiettivo di tutelarla? In quali modi possiamo convivere con la natura?

Created 12 November 2025
Last edited 12 November 2025
Topics Environment, Science, Sustainability
Original English

Policy positions

Policy position 1

Vivere della natura
La natura può offrire risorse sufficienti per soddisfare i bisogni e i desideri umani. Fornisce tutto ciò che serve alle società umane per sopravvivere e prosperare. In breve, le persone hanno il diritto di utilizzare piante, animali e minerali per sopravvivere e ottenere ciò di cui hanno bisogno, come cibo, vestiti e un riparo.

Policy position 2

Vivere con la natura
La natura non è solo degli esseri umani. I processi e le risorse naturali permettono a tutti gli esseri viventi di soddisfare i propri bisogni. Le persone usano le risorse naturali con attenzione, sono responsabili nei confronti del mondo naturale e agiscono per proteggere l’ambiente. Esseri umani e natura possono prosperare, insieme.

Policy position 3

Vivere nella natura
La natura è composta dalla terra e dai paesaggi. I luoghi naturali sono importanti per le comunità umane e per le loro culture. Un’area naturale contribuisce a plasmare l’identità della comunità umana a essa legata. Le persone vedono sé stesse come parte del mondo naturale e fanno del proprio meglio per mantenere quest’ultimo in salute.

Policy position 4

Vivere come natura
Gli esseri umani fanno parte della natura. Le persone si sentono connesse alla natura in termini fisici, mentali o spirituali. Le persone sono interdipendenti con la natura e capiscono quanto le loro azioni influiscono sull’ambiente naturale. Percepiscono una profonda connessione con animali, piante ed elementi come l’acqua e l’aria.

Story cards

Sono un pastore di pecore della Lessinia, le montagne a nord di Verona. Quando da queste parti è arrivato il lupo, molti allevatori hanno trovato il piombo come unica soluzione. Io non credo in questo approccio perché è lo stesso che ha portato l’uomo a distruggere il pianeta. Invece, cerco di mettere in pratica delle soluzioni per favorire la convivenza tra noi, le greggi, il lupo e l’ambiente in cui lavoro. È un approccio più complesso e impegnativo, perché devo stare fisicamente al pascolo con le greggi, avere i cani sempre con me, e spostarmi sempre con loro per accompagnare gli animali. La mia presenza è fondamentale. Una volta i lupi si sono avvicinati al gregge, ma vedendo me e i cani si sono allontanati. Questo lavoro bisogna amarlo, bisogna voler stare con le pecore ogni giorno, amare il territorio in cui viviamo e non solo cercare di sfruttarlo. La scelta è tra convivere con la natura o tentare di conquistarla.

Matteo Falco

Quando ero giovane, il falco grillaio non c’era nella pianura Padana. È arrivato solo qualche anno fa: ha iniziato a spostarsi verso nord per via dell’eccessivo caldo estivo nel sud Italia. Quando i ricercatori mi hanno chiesto se fossi disponibile a installare nella mia fattoria delle scatole per facilitare la sua nidificazione, non ci ho pensato due volte. Ero contenta di poter contribuire a tutelare una specie a rischio da poco arrivata in queste terre. Oggi, sui miei terreni vivono più di dieci coppie, e ormai considero i falchi grillai parte della mia azienda agricola. Sono quasi degli amici, oltre ad essere utili, perché mangiano grilli e insetti. E soprattutto rendono la fattoria più viva, colorata e variegata dal punto di vista delle specie che la abitano.

Maria Ferrari

Sono un apicoltore dell'altopiano di Anzer, in Turchia, dove si produce una delle più pregiate varietà di miele al mondo. Il nostro Paese, tuttavia, non ospita solo le laboriose api da miele, ma anche una delle più grandi popolazioni di orsi di tutta l'Europa e del Medio Oriente, composta da oltre 3.000 individui. Gli orsi amano il miele. Dopo aver adottato diverse strategie per tenerli lontani - ed essere battuto ogni volta da questi giovani orsi intelligenti, forti e molto motivati - ho deciso di approfittare della situazione. Ho apparecchiato una tavola per questi insoliti visitatori: ho disposto diversi tipi di miele in altrettante ciotole e ho filmato i test di assaggio degli orsi per diverse notti. Hanno sempre scelto il miele di Anzer, il mio miglior prodotto. Vedere questi risultati mi ha fatto dimenticare la rabbia per i danni dei mesi precedenti. Ho iniziato ad apprezzare gli orsi, instaurando con loro una collaborazione vantaggiosa sia per la mia attività che per il loro palato.

Ibrahim Sedef

Quando ero bambino, mio padre e io andavamo nei boschi a caccia di uccellini da cucinare nel ristorante dei miei. Arrostiti con la polenta sono un prelibato piatto tradizionale. Cacciavamo uccellini come beccacce, allodole, tordi e pettirossi. Una gioia per noi bambini che passavamo del tempo con i nonni. Ma tutto è cambiato nel 1992, con la Direttiva Uccelli, che vietava questa caccia per tutelare la biodiversità. Non si poteva più servire “polenta e osei” nel ristorante di famiglia. Non lo abbiamo mai accettato: è ingiusto mettere al bando una delle tradizioni più amate della nostra cultura. Così abbiamo continuato la caccia, di nascosto. Oggi, mio padre porta ancora con sé mio figlio a caccia di uccellini per tramandare questa tradizione familiare. Oggi, però, non è più un "nonno che porta il nipote a caccia", ma un bracconiere che agisce illegalmente.

Nazzareno Milan

La fondazione di ricerca che dirigo possiede una vasta zona umida nella Camargue, nel sud della Francia. Qui facciamo ricerca, conservazione e gestione integrata delle zone umide. Con il nostro lavoro studiamo questo ambiente e le specie che lo abitano, per migliorarne la tutela e la gestione. Non vogliamo limitare le attività umane nelle zone umide, ma vogliamo trovare soluzioni che permettano di usufruire delle zone umide e insieme promuovere la biodiversità. Solo così avremo benefici sia per gli umani che per gli animali e le piante selvatiche. Oggi, le persone hanno perso il contatto con la biodiversità e la natura in generale, c’è poca consapevolezza di quanto sia importante per il nostro benessere. Ma è proprio per questo che è importante preservarla. Noi ci impegniamo a diffondere queste conoscenze nella società e farle arrivare anche ai politici, per promuovere decisioni sulla gestione e sulla tutela ambientale basate sulla scienza.

Brigitte Champagnon

Cosa si prova a sapere che sei il custode di una tecnica di pesca in via d’estinzione, e che dipendi da una specie classificata in pericolo critico di estinzione? È terrificante. Per piccole comunità come la mia, nel Delta del Po, la pesca tradizionale delle anguille non era solo un mezzo di sussistenza, ma anche un business internazionale. Nel tempo la quantità di pescato è crollata. La prima causa è la pesca eccessiva. Ma oggi la prima minaccia per la specie è proprio la sua rarità, che ha fatto impennare i prezzi (le anguille giovani sono chiamate "oro bianco") e, di conseguenza, ha fatto crescere il mercato illegale. Tutto ciò si riversa anche su noi pescatori “legali”: vogliamo che le popolazioni di anguilla si riprendano, perché dipendiamo da loro. Ma al tempo stesso siamo spinti a sfruttare in modo intensivo le popolazioni locali di anguille: non possiamo stare a guardare i bracconieri rubare impunemente la nostra principale fonte di reddito.

Luigi Ferrari

“Tra 20 o 30 anni, quando parlerò con le mie nipoti e mostrerò loro la bellezza di questo continente, e loro mi chiederanno “cosa hai fatto quando era in gioco tutto?”, voglio poter dire loro che ho fatto tutto quello che potevo." Questo è il motivo che ha spinto Gewessler, la ministra dell’ambiente austriaca, a disobbedire al proprio superiore, il Cancelliere austriaco, votando in favore della Legge sul Ripristino della Natura alla seduta del Consiglio europeo del 17 giugno 2024. Il voto di Gewessler è stato decisivo, dal momento che la legge era sull’orlo del fallimento a causa della forte opposizione da parte del Partito Popolare Europeo e di sei Stati membri. L’Austria aveva deciso di astenersi prima che la sua ministra ribelle decidesse di votare basandosi solo sulla propria coscienza.

Leonore Gewessler

Il nostro territorio, il Cilento, nel Sud Italia, è rinomato per le sue ricchezze naturali. Nel 1991, lo Stato italiano ha infatti creato il Parco Nazionale. Noi abitanti amiamo la nostra terra, ed è difficile vedere il suo lento degrado a causa del cambiamento climatico e delle attività umane. Oggi, una delle nostre principali preoccupazioni è il rapido incremento della popolazione di cinghiali, che stanno letteralmente invadendo il Parco e rendono la coesistenza difficile. È per questo che ho deciso di seguire un percorso di formazione scientifica per diventare un cacciatore di cinghiali certificato. Ci hanno insegnato a identificare il sesso, l’età e il ruolo sociale di ogni individuo, a selezionare gli animali da eliminare senza disturbare le relazioni sociali all’interno dei gruppi, e a gestire efficacemente le carcasse. Per me non si tratta solo di caccia, è molto di più: è un modo per contribuire a mantenere inalterata la bellezza della mia terra.

Antonio Cimino

In Europa ci sono 7 milioni di cacciatori. A parte alcune eccezioni, l’idea diffusa che i cacciatori non amino la natura e la mettano in pericolo è sbagliata. Molti cacciatori amano gli animali e la natura, che spesso conoscono profondamente. Come lobbista per la Federazione Europea per la Caccia e la Conservazione, faccio in modo che le voci di questi 7 milioni di persone arrivino alle orecchie dei leader dell’Unione Europea e che l’errata percezione di questa antica pratica venga corretta. I cacciatori europei contribuiscono agli obiettivi di conservazione della fauna selvatica e degli ecosistemi dell’UE, per esempio controllando gli aumenti di popolazione di ungulati come i cinghiali e cervi. In più, ci assicuriamo che le direttive dell’Unione sulle specie protette siano rispettati, e uno dei nostri principali strumenti è l’educazione: garantiamo che i cacciatori europei sappiano identificare le specie protette, evitando così di mettere a rischio gli sforzi di conservazione.

Olivia McArthur

Sento una connessione profonda con gli animali non umani da quando ho memoria. E volevo che quella connessione diventasse più reale. Così, quando ho scoperto i “santuari” per gli animali selvatici, ho capito che il volontariato era la mia strada. Recuperare gli animali feriti, curarli per giorni - a volte mesi - rispettando i loro tempi, è impegnativo ma meraviglioso. Spesso ci viene chiesto: “Non sei triste quando rilasci gli animali in natura?” In realtà, aprire la gabbia e lasciar andare l’animale di cui ti sei presa cura è forse la parte più bella del nostro lavoro. Significa che i nostri sforzi non sono stati vani. Per noi, ogni animale recuperato è un individuo con una propria personalità, una storia, esperienze ed emozioni. Per questo ci prendiamo cura di ciascuno, non importa se sia una specie invasiva, comune o a rischio di estinzione. Loro sono, prima di tutto, esseri che meritano di vivere.

Eloise Baldin

La montagna è nostra, la mia famiglia abita questa valle da generazioni. Qui noi ci siamo sempre stati. Mio nonno aveva questa mandria prima di me e suo papà prima di lui. Ora è mia, è il lavoro con cui sono cresciuto e che mi dà sostentamento. Ora però tutto è cambiato. I pascoli e gli alpeggi in cui porto i miei animali non sono più sicuri. Come posso portare la mandria al pascolo quando nella valle si aggirano lupi e orsi, liberi e senza controllo? Non posso lasciare le mie mucche incustodite ma anche quando ci sono io, non posso certo proteggerle da solo. E poi chi protegge me? L’unica soluzione che vedo sono i cani da guardiania ma ci sono arrivato da solo, nessuno mi ha aiutato, nessuno mi ha proposto un corso per addestrarli né tantomeno fornito i cani o sovvenzioni per comprarli. Nessuno mi ha aiutato a capire come convivere con il lupo o l’orso.

Alessio Trentini

Io sono un guardia forestale, non prendo posizione: non sono né dalla parte dell’orso, dalla parte di chi non lo vuole qui. Sono un funzionario il cui compito è applicare la normativa nel modo più preciso e più rispettoso possibile. Se si sa che c’è un’orsa che è veramente pericolosa cosa aspettiamo? Che ci sia il morto? Sacrificando un animale non si danneggia l’intera popolazione di orsi della zona, ma si fa in modo che le persone si sentano protette, si rendano conto che in presenza di un orso pericoloso le autorità intervengono. Nel momento in cui le norme non sono chiare o le ordinanze vengono contraddette noi non possiamo più agire né per il bene dell’orso né per quello della comunità montana. E quindi ci sentiamo impotenti.

Maurizio Gretto

Ho sempre amato lavorare sul campo, stare nella natura e osservare animali e piante. Per questo ho iniziato a studiare biologia e poi a fare ricerca in biologia della conservazione. Un piano di conservazione mira a proteggere o reintrodurre delle specie animali o vegetali in un ambiente. Ma non riguarda solo le specie selvatiche o gli ecosistemi da proteggere: riguarda anche l’uomo, le sue attività e le comunità che vivono in quegli ambienti. La reintroduzione di una specie selvatica o la sua protezione ha inevitabilmente degli impatti sulle popolazioni locali. Un progetto di questo tipo cambia gli equilibri di un ambiente: umani e animali possono trovarsi a competere per la stessa preda o avere spazi ridotti per attività come la pesca o la produzione di legname. Per questo ogni progetto di conservazione è unico e deve coinvolgere le popolazioni locali. Solo così i suoi effetti dureranno a lungo e avranno successo. Il mio lavoro consiste in questo: trovare il modo migliore per far convivere noi umani con le specie selvatiche.

Danielle Nelms

Io vivo nelle isole Faroe. Il clima è rigido, e da sempre viviamo di quello che la natura offre. Da centinaia di anni la nostra principale risorsa di carne è la Grindadráp, la caccia alle balene che si svolge a giugno. Tutta l’isola vi partecipa: è un’attività che coinvolge tutti, dagli uomini sulle barche che spingono le balene a riva a quelli che le uccidono sulla spiaggia. La carne viene poi divisa tra tutta la comunità in base alle necessità di ognuno. Sì, è una pratica brutale: ma è una parte essenziale della nostra dieta e della nostra cultura. È quello che siamo, da sempre. Di recente, gli studiosi hanno scoperto che la carne delle balene pilota che cacciamo contiene altissimi livelli di inquinanti, tra cui mercurio e PFAS. Queste sostanze sono molto dannose per la nostra salute, e perciò dovremmo mangiarne sempre meno, se possibile eliminarla. Ma non cacciando più le balene pilota, diventeremo totalmente dipendenti dal cibo importato. E che ne sarà della nostra identità?

Anna Joensen

L’istituto per il quale lavoro è famoso per la sua ricerca sugli ambienti marini e d’acqua dolce nei territori e nei mari dell’Islanda e dell’Artico. L’istituto offre anche consulenza scientifica sulla pesca sostenibile al Ministero islandese del Cibo, dell’Agricoltura e della Pesca. L’industria del pesce rappresenta l’8,3% del PIL dell’Islanda, ed è uno dei fondamenti della nostra economia. Ecco perché la gestione delle riserve ittiche non è solo una responsabilità ambientale, ma anche un dovere nei confronti dei cittadini. Insieme al Ministero, alla Dipartimento della Pesca e all’Associazione dei Pescatori, abbiamo preso l’impegno di raggiungere un uso sostenibile delle risorse marine. La nostra strategia è in corso di miglioramento, e questo implica un’estesa attività di ricerca, il monitoraggio del pescato e quote e limitazioni specifiche per ogni specie. Tutto ciò richiede molto lavoro, ma è l’unico modo per prevenire la pesca eccessiva e garantire l’uso sostenibile dei nostri mari, oggi e in futuro.

Björk Sigurðardóttir

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I progetti di rewilding possono innescare conflitti

Il rewilding ha un impatto positivo sulla biodiversità, ma può portare a risultati imprevedibili. In molte aree, gli esseri umani hanno dimenticato come interagire con la fauna selvatica. In questi casi, se gli umani e le specie selvatiche sono forzate a condividere lo stesso territorio, le probabilità di conflitto salgono, con possibili esiti negativi per una o entrambe le parti.

Le aree protette integrali possono aumentare le ingiustizie ambientali

Questo è vero soprattutto quando l’area da proteggere coincide con territori tradizionalmente gestiti da comunità umane. A volte, i programmi di protezione non prendono in considerazione i diversi punti di vista e sottovalutano i potenziali impatti sociali, come l’espropriazione di terre e la migrazione forzata di comunità vulnerabili.

L’interesse collettivo viene prima del ripristino della natura

La Legge sul Ripristino della Natura pone obiettivi ambiziosi. Chiede agli Stati membri dell’Unione Europea di impegnarsi a proteggere gli habitat e a scegliere soluzioni il meno dannose possibile quando si devono costruire nuove infrastrutture. Un’eccezione riguarda le costruzioni militari, per cui i Paesi non sono obbligati a individuare siti alternativi con minore impatto sulla natura.

La natura è parte della nostra economia?

I modelli economici moderni sono stati incapaci di riconoscere il valore della natura. La natura fornisce molti beni e servizi utilizzati e consumati dagli umani. Tuttavia, l’attuale modello economico non ha adeguatamente considerato i costi di estrarre questi beni e servizi dalla natura.

L’Europa raggiungerà l’obiettivo 30x30?

Nel 2021, il tasso di crescita delle aree protette era dell’1,7%. All’attuale tasso di espansione non è sicuro che l’Europa sarà in grado di proteggere il 30% delle sue aree terrestri e marine entro il 2030.

Un successo che ha portato problemi di coesistenza

I programmi di conservazione di successo hanno accresciuto le popolazioni di mammiferi selvatici in Europa. In alcune zone rurali, singoli orsi o lupi confidenti o popolazioni di cinghiali, cervi o cavalli in rapida crescita possono danneggiare le proprietà umane e, in alcuni casi, rappresentare un vero e proprio rischio per la sicurezza.

Come bilanciare turismo naturalistico, educazione ambientale e tutela degli ecosistemi?

Il turismo naturalistico può diffondere consapevolezza sui temi ambientali. Ma aprire ai turisti le aree naturali ha alti costi ambientali. Nei parchi naturali degli USA, il sovraffollamento è un problema di conservazione e genera dubbi sulla scelta di privilegiare il turismo rispetto alla tutela degli ecosistemi.

Tutelare o non tutelare?

Il problema principale delle strategie di tutela e ripristino è il tempo. Ma questi interventi richiedono anni, se non decenni, prima che i risultati siano apprezzabili. D’altro canto, nel breve periodo sono costosi e potrebbero pesare sulle comunità e le attività economiche locali.

Il bracconaggio è uno dei principali rischi per la biodiversità

Il bracconaggio è praticato soprattutto per sussistenza, ma molti bracconieri agiscono per profitto o per piacere, spesso in modo illegale. Questa attività ha contribuito a estinzioni di specie localmente e a livello globale. Bracconaggio illegale e di sussistenza dovrebbero essere trattati in modo diverso.

Squali nel piatto

La maggior parte delle specie di squali sono classificate come vulnerabili o minacciate. Eppure, ancora li mangiamo. In Italia, non esiste un divieto generale sulla pesca degli squali, se non per alcune specie. Di conseguenza, specie di squali in declino vengono catturate e vendute.

Mangiare balene e foche può far male alla salute

Tramite la catena alimentare, il mercurio e altri inquinanti si accumulano in calamari, pesci, balene, foche e altri predatori marini. Per comunità come le popolazioni indigene dell’Artico, questi animali sono centrali nella dieta, e difficili da sostituire. Ciò espone queste comunità a un alto rischio di esposizione al mercurio e altri contaminanti, con effetti a lungo termine sulla salute.

Pescare pesci giovani può essere un problema

I pesci giovani sono più piccoli rispetto a quelli anziani. Catturarne troppi prima che si riproducano danneggia le riserve ittiche. Bisognerebbe proteggere gli individui giovani e assicurarsi che, durante la pesca, i pesci più piccoli vengano rilasciati o non catturati affatto.

I castori sono tornati in Italia centrale

Dopo 500 anni di assenza, i castori sono tornati in Toscana, dove ora c’è una popolazione sana e in crescita. Ciò è probabilmente il risultato di rilasci illeciti di individui di altre popolazioni europee. Purtroppo, questi castori hanno portato con sé malattie infettive che prima non esistevano in Italia, che potrebbero essere un rischio per le specie autoctone, per gli animali domestici e per gli umani.

Il deterioramento degli ecosistemi aumenta il rischio di malattie infettive tra gli umani

La perdita di habitat naturali aumenta il rischio di contatti tra le popolazioni umane e la fauna selvatica. Gli animali selvatici possono ospitare agenti patogeni che, se trasmessi all'uomo, sono in grado di causare gravi malattie. Questi eventi sono noti come spillover e, quando si verificano, possono avere conseguenze estreme sulla nostra società.

La Rivoluzione Verde ha creato deserti verdi

La Rivoluzione Verde ha portato alla perdita del 75% della diversità genetica delle piante. Inoltre, le monocolture hanno in gran parte rimpiazzato i paesaggi agricoli tradizionali, che ospitavano una grande varietà di specie oggi a rischio estinzione perché colpite dalla perdita di habitat.

I cambiamenti ecologici umani non sono un problema “moderno”

Gli umani cambiano l’ambiente da millenni: con le prime migrazioni fuori dall’Africa, gli umani hanno estinto molte specie di animali selvatici e trasformato molti ecosistemi. L’invenzione dell’agricoltura ha accelerato il processo. Ma oggi sappiamo come invertire questa tendenza: possiamo garantire cibo per tutti proteggendo la biodiversità.

La pesca industriale sta distruggendo gli ecosistemi marini del Mediterraneo

Quella del Mediterraneo è una delle regioni dove le attività umane stanno mettendo a serio rischio gli ecosistemi marini. La pesca eccessiva e l’impiego di tecniche di pesca intensive, come la pesca a strascico, impoveriscono le riserve ittiche, interrompono i cicli riproduttivi e distruggono gli ecosistemi.

Le specie aliene invasive stanno trasformando gli ecosistemi marini mediterranei

Il commercio marittimo facilita la diffusione di specie aliene invasive provenienti da mari più caldi. Adattandosi, queste specie si diffondono e diventano invasive, contribuendo alla perdita dell’equilibrio degli ecosistemi locali.

Mangeresti mai un leone, un panda o una zebra?

La differenza biologica tra una mucca e un bisonte è minima. Eppure proteggiamo il secondo e invece sfruttiamo, uccidiamo e mangiamo miliardi di individui della prima specie. Perché? Qual è la differenza morale tra un pavone e una gallina? Ci sarebbe qualche problema etico nell’allevare zebre in allevamenti intensivi e mungerle?

Animali domestici e selvatici possono avere figli

I cinghiali sono in aumento in tutta Europa. E vivono in foreste, aree agricole e perfino nelle città. Così entrano in contatto con i maiali domestici e appartenendo alla stessa specie maiali e cinghiali si accoppiano. Il risultato è un cinghiale ibrido, più grande, più fertile e più ‘confidente’ verso gli umani e che causa molti problemi di gestione.

La reintroduzione richiede sforzi per una convivenza pacifica

Gli orsi, quasi estinti nelle Alpi orientali italiane, sono stati reintrodotti all’inizio degli anni 2000. Oggi vivono nella regione circa 100 orsi. Ma nelle aree abitate e con turismo stagionale, questa convivenza è problematica. La mancanza di conoscenza e attività di prevenzione ha aumentato rabbia e paura, rendendo la presenza di questi animali un tema controverso.

Gestire le specie esotiche

In Europa si trafficano molte specie esotiche. Spesso gli animali sequestrati non possono tornare in natura. Quelli salvati dal commercio andranno in cattività nei bioparchi o nei santuari per la fauna selvatica. Alcune specie esotiche sono invasive, e rilasciarle comprometterebbe gli ecosistemi locali. Per questo, accanto ai temi ecologici e di conservazione, bisogna considerare il benessere dei singoli animali.

La crescente minaccia delle malattie trasmesse da vettori

Tra la temperatura atmosferica, gli animali e gli agenti patogeni c’è una relazione complessa. Un esempio è la diffusione di diverse specie di zanzare tropicali alle nostre latitudini. Molte di esse ospitano agenti patogeni che causano malattie che possono essere mortali per l'uomo, come la dengue e la Zika.

La crescita del gabbiano reale è problematica per le persone e per la fauna selvatica

Negli ultimi 30-40 anni, i gabbiani reali sono diventati sempre di più. Questi gabbiani tollerano facilmente la presenza umana. Sono aggressivi, spesso causano danni agli edifici e possono trasmettere malattie. Inoltre, competono con altre specie di uccelli per i siti di nidificazione e per il cibo.

I cormorani sono aumentati grazie alle misure di protezione

A inizio 1900 il cormorano comune era quasi estinto. Ora le popolazioni sono aumentate in tutta Europa e la specie non è più in pericolo, ma non può essere cacciata. L'aumento dei cormorani ha un impatto sulla pesca. Un cormorano deve mangiare 300-500 grammi di pesce al giorno. Questo li porta in competizione con l’essere umano e le sue attività di pesca.

Gli ecosistemi che cambiano fanno muovere le specie

A causa dei cambiamenti climatici, gli ecosistemi si stanno spostando. E gli animali li seguono, spostandosi per trovare un luogo più adatto dove vivere. Per esempio, le specie tropicali stanno lentamente colonizzando gli ecosistemi temperati, entrando in conflitto con le specie locali e, in alcuni casi, diventando invasive.

Virus in movimento

Il cambiamento climatico e la distruzione degli ecosistemi naturali stanno costringendo molte specie animali a lasciare i loro habitat d’origine. Spostandosi, possono portare con sé i loro virus, aumentando la probabilità che questi patogeni si diffondano agli esseri umani.

Quanta terra viene utilizzata per l'agricoltura?

Gli esseri umani non possono vivere su ghiacciai o deserti. Possiamo abitare e usare solo 107 milioni di chilometri quadrati di tutte le terre emerse del Pianeta. Di questi, il 45% è usato per l'agricoltura e l'allevamento, un'area grande come le Americhe e la Cina insieme.

Quanta terra è occupata dagli insediamenti umani?

Le aree urbane e costruite occupano in totale 1 milione di chilometri quadrati, un’area paragonabile alla superficie dell’Egitto. Questo include sia le aree abitate cittadine e di periferia, ma anche le infrastrutture e gli insediamenti produttivi.

Gli esseri umani usano tutte le terre emerse per sé?

No. Non tutte le foreste, i laghi, i fiumi, le zone costiere e le aree a bassa vegetazione sono usate dagli umani. Nel complesso, si tratta di 47 milioni di chilometri quadrati, circa il 54% delle terre emerse: un’area paragonabile all’estensione di Europa, Africa e Australia messe insieme.

Di quanta terra abbiamo bisogno per nutrirci?

I progressi tecnologici hanno dimezzato la quantità di terreno necessario per produrre cibo. Oggi, necessitiamo di 0,6 ettari di terreno a persona, pari a circa la grandezza di un campo da calcio.

Quante aree terrestri e marine sono protette dalla Rete Natura 2000?

Con i suoi 27.000 siti, Natura 2000 è la più grande rete di aree protette al mondo, che comprende tutti i 27 Stati dell’Unione Europea. Sulla terra, copre più di 767.000 chilometri quadrati, l’equivalente di Francia e Romania. Nei mari, protegge oltre 452.000 chilometri quadrati, pari alla superficie di Italia e Germania.

Che valore ha la natura?

Il benessere delle società umane dipende da ecosistemi ricchi e in salute. Questi contribuiscono al nostro benessere offrendoci cibo sano, aria e acqua pulite, e materie prime. Una natura in salute contribuisce anche alla crescita economica globale.

Vale la pena investire nei programmi di ripristino della natura?

Ogni euro speso per il ripristino ambientale rende tra gli 8 e i 38 euro; inoltre, mantenere e/o ripristinare gli ecosistemi è molto più economico che affrontare le conseguenze della loro perdita.

La natura ha una pluralità di valori

Gli esseri umani e le società attribuiscono alla natura valori diversi, e non tutti sono basati sul denaro. Riconoscere questa diversità può aiutare a prendere decisioni più informate ed efficaci sulla conservazione della natura che salvaguardino anche la giustizia sociale.

Finanza della biodiversità

La Strategia dell'Unione Europea per la biodiversità al 2030 promuove la conservazione della biodiversità e le soluzioni basate sulla natura. Inoltre, l'UE contribuisce a un fondo internazionale per la biodiversità, destinato ai Paesi più vulnerabili agli impatti dei cambiamenti climatici e alla perdita di biodiversità.

Quante terre sono protette in Europa?

L’Europa ha l’obiettivo di proteggere il 30% degli ambienti terrestri e acquatici entro il 2030. Alla fine del 2021 le aree protette coprivano 1,1 milioni di chilometri quadrati, ovvero il 26% dei territori dell'Unione Europea. Una superficie pari all'incirca a quella di Spagna e Francia insieme.

Qual è la strategia alla base della Rete Natura 2000?

È una rete di 27.000 aree protette diffusa tra tutti i 27 Stati membri. Questi siti riflettono la grande varietà di organismi selvatici e di habitat marini e terrestri che l’Europa ospita. In questo modo, gli Stati membri proteggono animali, piante e habitat rari e/o minacciati.

Turismo naturalistico in Europa: una tendenza in crescita

Il turismo naturalistico permette ai viaggiatori di scoprire e godere delle aree naturali e della biodiversità. Può migliorare il benessere degli ecosistemi e delle comunità umane locali, portando benefici ambientali, sociali ed economici.

La biomassa è il peso di tutti gli organismi viventi

Gli esseri umani dominano la natura, ed è evidente se guardiamo al peso totale dei mammiferi sulla Terra. Di questa biomassa totale gli umani rappresentano il 34%; gli animali domestici sono il 64%; tutti gli altri mammiferi esistenti in natura sono solo il 4% del totale.

La Direttiva Uccelli dell’Unione Europea

La Direttiva Uccelli protegge tutte le specie di uccelli selvatici che vivono in Europa stabilmente o che transitano sul continente, e i loro habitat naturali. Secondo la Direttiva, tutti gli Stati membri dell’UE devono tutelare, mantenere e ripristinare gli habitat degli uccelli e la loro diversità.

La Direttiva Habitat dell’Unione Europea

La Direttiva Habitat mira a preservare la grande varietà di animali, piante, e habitat naturali presenti in Europa. Gli Stati membri devono proteggere, mantenere, ripristinare e arrestare il declino degli habitat naturali più importanti.

Divieto di pesca in acque profonde

Gli organismi che vivono nelle profondità marine si riproducono lentamente. Per questo si riprendono più lentamente dalle pressioni che causa la pesca. Per tutelare le risorse ittiche e i fragili ecosistemi del mare profondo, l’Unione Europea ha vietato la pesca oltre gli 800 metri di profondità e, in alcune aree, anche al di sotto dei 400 metri.

Cos’è il rewilding?

È un approccio di conservazione che riduce al minimo l’intervento umano in ampie aree di territorio. In questo modo la natura può fare il suo corso. Il rewilding mira a migliorare la salute degli ecosistemi e la loro connessione.

Il ritorno degli animali selvatici in Europa

Grazie alle iniziative di conservazione degli ultimi decenni, molte specie selvatiche sono aumentate in Europa. Per esempio, il castoro e il bisonte europeo sono passate da poche migliaia di individui a più di un milione. Una tendenza simile è stata osservata per grandi carnivori come lupi e orsi, che hanno tratto beneficio dai rigidi regimi di protezione.

Il costo dei danni causati dalla fauna selvatica

In Italia, i parchi nazionali offrono compensazioni agli agricoltori per i danni causati dai cinghiali. Tra il 1997 e il 2012, questo spesa per il Parco Nazionale del Gran Sasso è aumentata da 100.000 a circa 650.000 euro.

Come funziona un programma di reintroduzione di una specie?

Si devono valutare attentamente i benefici sociali e ambientali di questi progetti, la salute degli animali prima e dopo la reintroduzione, e bisogna elaborare strategie per evitare i conflitti con gli esseri umani.

Le aree naturali europee sono in cattiva salute

Nell’Unione Europea, solo il 15% degli habitat è in buona salute, mentre l’81% è in condizioni di conservazione cattive o pessime. La frammentazione delle foreste, l’uso di suolo per lo sviluppo urbano e il sovrasfruttamento (soprattutto delle specie marine) sono tra le pressioni principali.

La Legge sul Ripristino della Natura dell’Unione Europea

Questa legge vincola gli Stati dell’UE a proteggere e ripristinare gli ecosistemi. Gli Stati devono ripristinare il 30% delle aree protette e dei terreni degradati in Europa entro il 2030 e il 90% entro il 2050. La legge prevede promuove anche la creazione di aree verdi nelle città, per aumentarle almeno del 5% entro il 2050.

La Rivoluzione Verde ha permesso di sfamare una popolazione mondiale in rapida crescita

La Rivoluzione Verde è uno dei modelli agricoli possibili. Usa sostanze chimiche di sintesi per ridurre i parassiti e aumentare i raccolti, e produce su larga scala poche colture selezionate.

Le zecche possono trasmettere malattie pericolose

Le zecche sono presenti in tutta Europa. Si alimentano succhiando il sangue di animali domestici e selvatici, e anche degli esseri umani. Il rischio è più alto da inizio primavera a fine autunno, quando le zecche sono più abbondanti. Attraverso il loro morso possono trasmettere virus o batteri, che sono causa di pericolose malattie come l’encefalite o la malattia di Lyme.

La crescita delle popolazioni di cinghiali è un problema globale

In assenza di grandi predatori, i cinghiali si sono diffusi rapidamente, causando problemi economici, di salute e di sicurezza. In Italia, le popolazioni di cinghiali sono aumentate da 500.000 individui nel 2010 a oltre 1 milione nel 2020; alcuni stimano che si arrivi a 2.3 milioni.

I virus si diffondono seguendo le rotte commerciali globali

Gli esseri umani possono attraversare tutto il mondo in sole 24 ore. Con questi movimenti diversi organismi viaggiano insieme a noi e ai nostri beni commerciali. Alcuni di questi sono patogeni che possono infettare gli umani attraverso altri animali. È così che alcune infezioni veicolate dalle zanzare si sono diffuse in tutto il mondo.

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